TAJ MAHAL TRAMONTO
Arrivando ad Agra nel primo pomeriggio ti consiglio di vedere il tramonto dai giardini Mehtab Bagh che stanno sulla sponda opposta del fiume, oppure dalla riva del fiume subito dietro il Taj, che raggiungi in 5 minuti a piedi continuando lungo la stradina che passa davanti all’ingresso est. Sulla sponda puoi trovare anche un barcaiolo che ti fa fare un giro sul fiume per una vista suggestiva del complesso monumentale. Per me è stato uno dei punti di vista migliori, c’è un piccolo tempio e la gente fa le ‘puja’ sul fiume (cerimonie religiose con offerte ecc) e la riva e disseminata dei resti di esse..

Informazioni utili per la visita al Taj Mahal
- Prezzo del biglietto 1000 rupie a persona, compresa una bottiglia di acqua e i copri-scarpe per camminare sul basamento del Taj Mahal e al suo interno.
- Apertura del gate meridionale ore 8.00
- I gate est e ovest sono aperti dall’alba a tramonto (controllate l’orario dell’alba nel mese in cui vi trovate in India).
- La biglietteria apre venti minuti prima dell’alba. Possibilità di acquistare il biglietto online sul sito ufficiale indiano.
- Il Taj Mahal, come la maggior parte dei monumenti in India, soprattutto se musulmani, è chiuso al venerdì.
Da dove scattare le foto migliori del Taj Mahal
a) Per avere una prima impressione del Taj Mahal a nostro avviso il punto migliore per contemplarlo è all’ora del tramonto dal lato settentrionale, sulle sponde del fiume. Da qui potrete vedere il lato posteriore del palazzo e contemplarlo in tutta la sua bellezza senza la calca delle persone e con una luce che rende il Taj ancora più suggestivo.
b) Dal Forte di Agra, anche se da questa distanza serve un buono zoom per scattare fotografie uniche. Il punto migliore è dalle camere in cui era imprigionato l’imperatore Shah Jahan
c) Dalla terrazza dell’hotel Saniya Palace. Questo hotel dispone di una delle migliori terrazze con vista sul Taj Mahal di tutta Agra. Noi non abbiamo avuto modo di andare personalmente, ma tutti, dai blogger, ai racconti di altri turisti, alla guida della Lonely Planet, suggeriscono di salire sulla terrazza di questo hotel per ammirare il Taj Mahal, magari davanti a una tazza di fumante Masala Chai, il tipico tè indiano. In questo caso la foto è dal nostro hotel Radisson con camera vista Taj:



d) Immancabile la foto di rito sul lato meridionale, dove ci sono le vasche e il Taj si riflette nell’acqua dietro di voi (solo al momento dell’alba perché poi le fontane vengono attivate e il movimento dell’acqua non consente il riflettersi del Taj). In questo caso, sarete assaliti letteralmente da indiani che si reputano fotografi e che vogliono scattarvi qualche foto per poi vendervele a un prezzo non proprio vantaggioso. Vi scatteranno circa 50 foto per 5.000 rupie, ma potete fare stampare solo le foto che più vi piacciono per 100 rupie a stampa, contrattate il prezzo del cd con tutte le foto salvate in digitale. È vero, il prezzo è alto e la cosa molto turistica, ma se volete delle foto per ricordo e magari i selfie che riuscite a farvi in autonomia non vi soddisfano e i passanti non fanno grandi scatti, potrebbe essere una soluzione per avere belle foto davanti a una delle sette meraviglie del mondo… diciamocelo, non è da tutti i giorni avere alle proprie spalle il Taj Mahal.

Complesso del Taj Mahal
Raggiungibile da tutta Agra con una breve corsa il tuk tuk, il complesso del Taj è accessibile previo pagamento di un ticket. L’accesso costa 1000 rupie per la visita comprensiva delle camere interne e del mausoleo, oppure 200 rupie per l’accesso ai giardini. Vi proporranno di assumere un guida autorizzata per conoscere i segreti dei Taj Mahal che però, spesso e volentieri, altro non sono che leggende metropolitane, come il famigerato Taj nero. Ritirate le vostre bottigliette d’acqua comprese nel biglietto e mettetevi in coda. Non portate treppiedi o cavalletti, verranno ritirati al security check.
La porta d’accesso vi svelerà lentamente la magnificenza del Taj. A poco a poco vedrete la sua sagoma stagliarsi in netto contrasto con l’ombroso rosso delle pietre dell’ingresso. Passeggiate, osservate le piscine ed i padiglioni minori ed, infine, entrate nella camera ove riposano l’imperatore e la sua amata. Proseguite nei padiglioni laterali, quelli più gettonati su Instagram, e osservate il lento scorrere del fiume Yamuna.

Methab Bhag
Proprio sulla sponda opposta del fiume sorge un complesso di giardini che offrono una delle migliori vedute del Taj Mahal. Raggiungete i giardini in tuk tuk e pagate l’accesso, 200 rupie. proseguite tenendo la destra, non potrete sbagliare. La vista del Taj vi guiderà fino al muro di confine tra i giardini e la riva del fiume. Osservate la vita alle pendici del trionfo di marmo, raccoglitori, pastori e bambini passeranno correndo e ridendo ai vostri piedi. Questi stessi giardini furono per anni causa di danni più o meno permanenti alla struttura del Taj Mahal. Lasciati in stati d’abbandono divennero una distesa desertica le cui sabbie cominciarono ad erodere progressivamente il marmo intarsiato del mausoleo. Bonificati e ripuliti, oggi sono un luogo meraviglioso in cui le coppiette di Agra amano passeggiare.


Il Taj Mahal, che letteralmente tradotto significa “il palazzo della corona” o “la corona del palazzo”, è il nome dato ad una stupenda costruzione situata nella cittadina indiana di Agra, le cui origini sono molto incerte.
Secondo la tradizione, l’opera sarebbe stata voluta dall’imperatore indiano Shah Jahan, per realizzare una delle promesse fatta alla moglie quando era ancora in vita.
Il Taj Mahal fu
costruito dall’imperatore Mughal
Shah Jahan in onore di Arjumand Banu, la sua amata terza
moglie. Nota con il nome di Mumtaz Mahal (da qui il nome del mausoleo) e deceduta dopo aver dato alla luce una bambina, mentre seguiva il
marito in una campagna militare nel sud dell’India.
Trascorsi sei mesi dopo la morte della sua amata, fece portare il suo corpo
ad Agra. Il corpo di Mumtaz Mahal venne
temporaneamente adagiato in una cripta vicino a dove
sarebbe stata costruita la tomba definitiva. Per il volere di Shah Jahan,
doveva essere il più grande e unico mausoleo mai costruito per
una donna.
La leggenda vuole che a realizzarlo sia stato l’architetto Ustad ‘Isa. Inoltre si dice che, al termine dei lavori, Shah Jahan abbia fatto tagliare le mani ai capomastri, accecare i calligrafi e decapitare l’architetto in modo che chiunque avesse partecipato alla costruzione del monumento, non potesse più creare un altro edificio di così grande effetto.
I lavori, che ebbero inizio nel 1632, si conclusero solo nel 1654 ed impiegarono il lavoro di tantissimi artigiani, alcuni dei quali provenienti dall’Europa e addirittura uno dall’Italia di nome Geronimo Veroneo, che si servirono di diversi materiali provenienti da ogni parte dell’India e dell’Asia.
In totale si contano 28 diversi tipi di pietre preziose e semi preziose, incastonate nel marmo bianco come motivo decorativo dell’intera struttura.

Durante il XX secolo l’edificio fu molto curato: nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, il Governo indiano eresse infatti un’impalcatura attorno alla struttura per difenderla da eventuali danni provocati da attacchi aerei e tale precauzione fu presa anche durante la guerra tra India e Pakistan, tra il 1965 e il 1971.
Negli ultimi anni il Taj Mahal ha dovuto affrontare, tuttavia, un nemico molto più subdolo: l’inquinamento.
A causa delle polveri sottili, infatti, il candido marmo di cui è ricoperto si sta ingiallendo.
Al fine di risolvere questo problema, oltre alle normali operazioni di pulitura regolarmente commissionate dal Governo indiano, dovrebbe essere fatto anche un intervento di trattamento speciale sui marmi che richiederebbe un grande sacrificio di risorse economiche, tanto che le autorità locali, proprio per arginare i costi, hanno deciso di optare per delle misure di prevenzione, come ad esempio la legge che vieta di costruire industrie inquinanti nell’area attorno al Taj Mahal.
Il complesso architettonico del Taj Mahal si compone di cinque elementi principali: il darwaza (portone), il bageecha (giardino), il masjid (moschea), che rappresenta il luogo di culto dei pellegrini e la struttura che santifica l’intero complesso, il mihman khana (“casa degli ospiti”, chiamata anche jawab) ed infine il mausoleum ovvero la tomba dell’imperatore Shah Jahan.
Inoltre ulteriori strutture secondarie sorgono addossate alle mura che dividono il complesso dall’esterno (esse lo cingono per tre lati, poiché il lato settentrionale prospiciente il fiume è libero) e sono: i due portali secondari ed otto torri ottagonali.
All’interno del giardino, si trovano aiuole di fiori, canali d’acqua che riflettono l’immagine del Taj e viali alberati.

Esso è suddiviso in quattro parti da due canali che si intersecano in modo ortogonale al centro; ognuna delle quattro parti è a sua volta divisa in ulteriori quattro parti da viali percorribili.
Il mausoleo vero e proprio invece, è una struttura alta nel suo punto più elevato 68 metri ed è posto al di sopra di una sopraelevazione di forma quadrata dove ai suoi quattro vertici sono posti quattro minareti.
Possiamo dire che visto di prospetto l’edificio è, nella sua massima semplificazione, un rettangolo sovrastato da un arco ogivale la cui forma viene ripresa, poi, in ogni parte della struttura: si vedano ad esempio le nicchie presenti lungo ogni faccia dell’edificio e riprese in tutte le strutture del complesso del Taj Mahal.
Con questa soluzione di geometria autoreplicante viene mantenuta proprio una certa continuità tra le varie parti dell’edificio e tra l’edificio e il resto del complesso.
Ai lati di ogni apertura dell’edificio inoltre è posto un pinnacolo di forma ottagonale alto e stretto che supera in altezza il tetto.

Per quanto le pareti siano interamente rivestite di marmi, la struttura portante è stata realizzata in pietra arenaria rossa ed è sovrastata da cinque cupole.
La struttura presenta anche diversi minareti, all’interno dei quali è posta una scala spiroidale che lo attraversa lungo tutta la sua altezza per permettere così di raggiungerne anche la cima.
Per tutti questi elementi e per la notevole bellezza che da essi scaturisce, l’edificio è stato dichiarato nel 1983 patrimonio dell’umanità Unesco ed inserito nel 2007 fra le nuove sette meraviglie del mondo.


SOLO SE RIMANE TEMPO
Ma ad Agra non c’è solo il Taj Mahal e accanto ai suoi giardini si trova il Forte Rosso, una fortezza poderosa, costruita in arenaria, risalente al XVI secolo e vasta 380.000 metri quadrati. Il forte ha una pianta semicircolare ed è difeso da una muraglia alta più di 20 metri con bastioni e feritoie. Di alto livello artistico sono le due porte “Lahore” e “Dehli”, soprattutto quest’ultima che è un vero capolavoro di marmo bianco. Nella cittadella, tanti edifici sono stati rimodernati e quelli autentici del periodo moghul sono una decina.
Altrettanto imperdibile ad Agra è il mausoleo di Itmad ud daula con la tomba di Mizra Ghiyas Beg (nonno di Mumtaz e primo ministro dell’imperatore Jehangir) di grande pregio artistico e costruita su ordine della figlia Nur Jahan, consorte dell’imperatore Jehangir. Pur non avendo la maestosità del Taj Mahal, secondo molti esperti è forse persino più raffinato di quest’ultimo.
La visita al mausoleo può essere abbinata a quella di Chini- Ka-Rauza, tomba del XVII secolo sulla riva est del fiume Yamuna ad Agra e del Metah Bagh, il parco costruito dall’imperatore Babur.
I monsoni sono i nemici dei turisti, quindi per visitare Agra e il suo monumento simbolo, il periodo ideale è quello che va da marzo ad aprile e, poi, da ottobre a dicembre così da evitare il periodo delle piogge. Il suggerimento che vi diamo è quello di godervi il monumento al tramonto per due motivi principali: non solo la fila dei turisti che affollano il sito è minore, ma potrete anche godervi l’effetto della metamorfosi della luce sul monumento che è splendido soprattutto con la luna piena.
GIORNO 2 – VISITA TAJ MAHAL ALBA E PARTENZA CON DRIVER PER JAIPUR CON BREVE SOSTA A BALAJ TEMPLE (TEMPIO ESORCISTA)
Dopo la visita all’alba del Taj verso le 11 siamo partiti verso Jaipur con sosta al tempio esorcista di Balaji situato nello stato indiano del Rajastan è un mandir (tempio) dedicato al potente dio dalle fattezze di scimmia chiamato Hanuman. Dista 3 chilometri dalla strada Jaipur – Agra. Qui gli induisti portano da tutta l’India i loro cari per liberarli dagli spiriti maligni con preghiere riti e costrizioni. I riti si svolgono generalmente il martedì e al sabato ma nel tempio l’ingresso è consentito ai soli officianti e ai posseduti. La folla segue i riti dall’esterno dopo un’estenuante coda all’esterno che può durare decine di ore prima di poter accedere ai luoghi considerati sacri del tempio. ATTENZIONE: potrete arrivare al tempio solo senza scarpe, se provate a chiedere al massimo potrete lasciarlo in un chioschetto di fronte al tempio.
Nei giorni più intensi le code si formano già di notte e i fedeli, soprattutto nei mesi estivi, rischiano la disidratazione.
I fotografi sono altamente sgraditi e qualsiasi forma di documentazione è considerata sacrilega. Prima di entrare nel tempio, i malati, hanno un periodo di attesa nel cortile adiacente al tempio. Qui vengono lasciati sotto il sole a dimenarsi e ad inveire contro tutto e contro tutti prima di essere accompagnati ai luoghi preposti per essere curati e mondati dei loro peccati.
Il pozzo indiano di Chand Baori

Vero e proprio simbolo dell’ingegneria idraulica dell’antichità è Chand Baori, un pozzo a gradini situato nel villaggio di Abhaneri vicino a Jaipur, nello stato indiano del Rajasthan.
Costruito intorno al VII secolo d.c, anche se alcune fonti lo datano al IX, è situato di fronte al tempio di Harshat Mata. Il pozzo è formato da 3500 gradini divisi per scalinate che scendono per oltre 13 piani.

Si spinge per circa 100 metri sotto al livello del terreno, il che lo rende il più ampio e profondo pozzo a gradini dell’India. Si tratta di un bacino in cui l’acqua può essere raggiunta scendendo attraverso una serie di passaggi.
Questi tipi di pozzo si trovano in India occidentale, ma anche nelle regioni aride del Pakistan. Ciò che lo distingue dai serbatoi d’acqua, è che il pozzo a gradini rende più facile raggiungere la falda acquifera.
Essi sono più semplici per il mantenimento e la gestione operativa, e nell’antichità servivano anche per altri scopi, ad esempio come luoghi dove ristorarsi dalla calura, di aggregazione sociale e teatro di cerimonie religiose.

Il pozzo prende il nome dal suo costruttore, il re Chand di Abhaneri e dalla parola “baori”, termine utilizzato nell’India occidentale per indicare costruzioni di questo tipo. Il livello dell’acqua era legato al periodo dell’anno.
Nei momenti di siccità era ovviamente più basso, mentre negli altri periodi bisognava scendere meno scalini.
Chand Baori è a ragione considerato uno dei più mirabili esempi di architettura del passato, e la leggenda legata alla sua costruzione vuole che il pozzo sia stato costruito in una sola notte dagli spiriti. Di fronte ai gradini si trova il tempio di Harshat Mata risalente al VII secolo, lo stesso periodo della scalinata.
L’acqua era necessaria per le abluzioni rituali che dovevano essere eseguite dai fedeli prima di recarsi al tempio e quindi la storia di queste due costruzioni è necessariamente legata. Non è facile per un europeo trovare un approccio all’architettura indiana, soprattutto se cerchiamo riferimenti con l’architettura contemporanea occidentale. Concetti a noi noti come peso, arco e sostegno non sono traducibili in un codice architettonico indiano.
Dobbiamo pensare invece ad un rigoroso reticolo di forme geometriche basate principalmente su triangolo e quadrato. Spiritualità, ingegneria e tradizione hanno permesso alla cultura indiana di raggiungere vette altissime per complessità e raffinatezza.

E ne sono esempio proprio questi pozzi a gradoni disseminati in tutta l’India. Ciò che colpisce a Chand Baori è la modularità quasi ipnotica delle pareti. È ingegno per la sopravvivenza allo stato puro, poiché per secoli questi pozzi hanno garantito l’approvvigionamento idrico in uno dei paesi dalle riserve d’acqua più esigue.
Nell’antichità, in Rajasthan, si cominciarono a scavare giganteschi pozzi per sfruttare le violente, ma brevi piogge monsoniche che si alternavano a lunghissimi mesi di siccità.
Questi pozzi venivano costruiti dal basso verso l’alto, lastricati con enormi blocchi di pietra e dotati di versanti di scalinate che permettevano di raggiungere l’acqua a qualsiasi livello si trovasse.
La tecnica di depurazione delle acque piovane era raffinata: l’acqua cadendo all’interno del pozzo filtrava attraverso il limo finissimo, fino a raggiungere il fondo ricoperto di argilla, per essere poi disponibile nella stagione secca.
Per millenni questi sistemi hanno aiutato intere popolazioni a lottare contro la siccità.
Oggi molti pozzi sono chiusi e sostituiti da un sistema tradizionale di acquedotti che non risolve l’emergenza acqua. Queste stupefacenti imprese ingegneristiche si sono spesso rivelate superiori rispetto ai moderni progetti idraulici che hanno visto l’India protagonista negli ultimi anni.