1 giorno a Varanasi

GIORNO 5 – VARANASI

  • Percorrete i Ghat a piedi partendo da quello più a Sud, l’Asi Ghat, fino a quello più a Nord, il Bundi Parkota Ghat, o viceversa. Saranno probabilmente i 6 km più belli che percorrerete durante questo viaggio: le abluzioni dei pellegrini, i sari coloratissimi messi a stendere dalle donne, il fumo delle pire, le mucche, le scimmie e i mantra che riecheggiano saranno un’immersione totale in quella parte di India che vi accompagnerà a lungo, anche una volta che sarete tornati a casa.

Fate un giro in barca sul Gange… anzi, fatene due, il primo all’alba e l’altro al tramonto. Assistere al sole che nasce sul sacro Gange è un’esperienza unica, assaporatene ogni attimo e godetevi quel silenzio così raro in questo continente. L’orario migliore è intorno alle 5.30 del mattino. Durante il tramonto, invece, fermatevi ad assistere alla Puja (preghiera) davanti al Dasaswamedh Ghat: in barca, arrivando presto, avrete la possibilità di godervi lo spettacolo da una posizione privilegiata ma il giorno successivo tornateci a piedi, confondendovi tra la folla e seguendo i loro rituali.

Harishchandra Ghat e Manikarnika Ghat 

Le cremazioni di Varanasi: ritualità e avvertenze

Con ogni probabilità saprete già che a Varanasi i corpi dei defunti vengono cremati lungo i Ghat, dando vita a quello che per i turisti diventa un vero e proprio spettacolo ma che per i fedeli è sempre e comunque una cerimonia funebre, che deve quindi godere del più assoluto rispetto. Per un hinduista, morire sulle sponde del Gange ed esservi cremato vuol dire mettere fine al ciclo delle reincarnazioni e questa convinzione viene suggellata da un rituale molto particolare, la cui vista è offuscata dal fumo delle pire.

Difficilmente si riesce a rimanere oltre qualche minuto vicino ai Ghat delle cremazioni: il fumo è così intenso che gli occhi iniziano a lacrimare e il respiro diventa affannoso. Solo un indiano può resistervi! Ciò nondimeno, in questo frangente si sente tutta la religiosità che pervade questa cultura, si avvertono le loro profonde credenze, forse non si riesce a comprendere ogni aspetto dei rituali portati a compimento, ma se ne percepisce la fede che sottende ogni gesto e ogni azione compiuta.

AVVERTENZA: è vietatissimo fare foto alle pire delle cremazioni e comunque evitate di farne negli immediati paraggi dei due ghat a queste riservati. Oltre ad essere imperdonabilmente irrispettoso, vi ritroverete circondati da decine di indiani infuriati che non aspettano altro di prendervi anche l’ultima rupia caduta per sbaglio nella tasca posteriore dei jeans.

Perché la morte, in India, non è un fatto privato. Se le donne indiane, parenti del defunto, sono tenute lontane dal luogo della cremazione perché si lamentano troppo (sic!), gli uomini della famiglia, qualunque sia la loro professione, anche facoltosi manager che vivono a Delhi o in Occidente, attendono con pazienza il turno della salma per cui hanno compiuto il viaggio. Li riconoscete perché indossano, anche nella nebbia di inizio gennaio, solo un paio di calzoni corti che assomigliano più a un paio di abbondanti slip legati ai fianchi come grandi lenzuoli. E il loro cranio è appena stato rasato, lì, a pochi metri da dove bruciano, più o meno lenti in base al tipo di legna utilizzato, i corpi di altre donne e di altri uomini. Il corpo di un defunto è cremato perché è così che può ricevere la purificazione e, restituito al fiume, polvere e ossa, può raggiungere la salvezza sfuggendo al ciclo karmico di morte e di rinascita. Sono solo cinque i casi in cui un corpo non è dato alle fiamme – mi ha spiegato l’uomo che ha condotto la nostra piccola imbarcazione di legno sul Gange, tra un burning ghat e l’altro, ovvero i moli delle cremazioni. I corpi senza vita di bambini che hanno meno di 5 anni, donne incinte, sadhu (i santoni indù che conducono vite ascetiche), quelli dei lebbrosi e di chi è morto dopo essere stato morso da un serpente velenoso. Chi non ha compiuto peccati in vita o ha già espiato, non ha bisogno di purificazione per mezzo delle fiamme e il suo corpo è gettato nel fiume Gange, dove resterà fino a decomporsi, diventando cibo per i pesci.

Pur di far sapere che si è stati a Varanasi, tra i miasmi della città in cui più di tutte le altre la vita e la morte sono intrecciate, ci si ferma il minimo indispensabile, appena una giornata, se proprio è necessario una notte. Cercate di comprendere, accanto a chi vive Varanasi e la conosce, il vero senso di questo luogo. Restate almeno tre giorni, salite su una barca per poter vedere i ghat in tutta la loro grandezza, con le ripide scalinate che scendono fino al fiume, così piene di vita, come se spiaste all’interno di tante finestre. Potete raggiungere in barca i due burning ghatHarishchandra Ghat (più piccolo, a sinistra, se siete sul fiume e guardate Varanasi) e Manikarnika Ghat (il più grande campo crematorio di Benares, all’estrema destra della città). Avvicinatevi, scendete, osservate con rispetto. Le foto si possono scattare solo da lontano, saranno il vostro tatto, la vostra coscienza e l’obiettivo della vostra macchina fotografica a porvi dei limiti. Al Manikarnika, alle spalle del luogo delle cremazioni, dove il fumo è così fitto che vi servirà un fazzoletto per coprire naso e bocca, accanto alle baracche in cui vendono la legna a peso, potete salire un po’ in alto e, come in un sogno di quelli tormentati, potete cercare di capire che cosa avviene pochi metri sotto di voi. Le vacche brucano i fiori ormai appassiti lasciati come offerta sui corpi in attesa di essere bruciati. Intere famiglie di cani randagi cercano cibo e a volte una cagna denutrita porta tra le fauci un cucciolo che non ce l’ha fatta a sopravvivere. Uomini contrattano sul prezzo della legna. Chi può, acquista quella di sandalo, che brucia meglio ed è profumata. La quantità necessaria dipende dal peso della salma. Chi invece non ha soldi per comprare abbastanza legna da ardere chiede agli intoccabili di gettare nelle acque del fiume un cadavere bruciato solo a metà. Se il corpo brucia bene, resta solo il coccige che anche dopo oltre tre o cinque ore è ancora intatto. Sono sempre gli intoccabili, i fuori casta, a occuparsi delle fasi, pur sempre rituali, ma più crude: battono con un bastone lo stomaco o il cranio di un corpo affinché, gonfiandosi mentre brucia non esploda ferendo i presenti e raccolgono ciò che resta dopo la cremazione, consegnano la polvere al parente maschio più prossimo e gettano nel fiume Gange le ossa rimaste. La cenere, mescolata ad altre sostanze, dopo una breve cerimonia, è gettata dai familiari nel fiume. In quello che chiamiamo il nostro mondo, scene così crude non potremmo sopportarle, perché la morte è lì, a meno di due passi da noi. E forse le nostre scarpe stanno calpestando quello che resta, qualche pioggia dopo o qualche escremento di vacca sacra più sotto, di una mano o di una tibia di qualche cadavere. Il Manikarnika Ghat è vasto e senza confini. L’area delle cremazioni è in continua espansione e non brucia un solo corpo alla volta, ma sono diverse le pire che ardono contemporaneamente.

Assistere alla Ganga Aarti

Ogni giorno, alle 18:45, al Main Ghat di Varanasi si tiene il rituale della Aarti, una puja (per gli induisti una puja è una cerimonia di adorazione delle divinità o un rituale generico) con la quale si benedice il fiume e si conclude la giornata della dea Gangaji.

La Aarti di Varanasi è emozionante e spettacolare.

Inizia con il suono che produce uno dei panda (così vengono chiamati a Varanasi i bramini, cioè i ‘sacerdoti’ induisti) soffiando in una grande conchiglia. Con il sottofondo di canti devozionali, i bramini iniziano a muovere bastoncini di incenso e candelabri illuminati in modo circolare, in una coreografia che va al ritmo di inni e cimbali.

L’effetto luminoso che si crea, in forte contrasto con il cielo notturno, è molto suggestivo.

Cerca di arrivare quanto prima a goderti lo spettacolo, i più previdenti prendono posto già alle 17:00 per poter ammirare questo evento davvero unico.

Crematorio elettrico

Un secondo ghat in fiamme più piccolo si chiama Harishchandra. Accanto a questo ghat c’è un edificio in cui si trova un crematorio elettrico. È per le persone che non hanno abbastanza soldi per comprare legna. Possono essere cremati in questo modo più economico.

Gli animali morti vengono gettati nel Gange

Quando un animale muore a Varanasi, gli indiani lo gettano nel Gange. Abbastanza spesso è possibile vedere resti vicino alle banche o a valle. Molte volte ho visto che le persone si lavano i denti o bevono acqua dal fiume vicino all’animale morto.

Dashashwamedh Ghat

Ogni sera – e ogni alba – si può assistere a una cerimonia, oltre a quelle in cui ci si può imbattere lungo le strade di Varanasi. Trovatevi alla sera, appena sceso il sole, al Dashashwamedh Ghat dove va in scena l’affascinante e mistico rito di Aarti dedicato al Gange. Luci, fuochi, canti e incenso. Non vi potete sbagliare perché è così affollato di fedeli e di viaggiatori che si assiste alla cerimonia anche dalle barche che ondeggiano sul fiume. Ganga Aarti di Varanasi

Ogni sera in tre città sacre dell’India (Varanasi, Rishikesh e Haridwar) si svolge la Ganga Aarti, un rituale di ringraziamento alla Dea Madre Ganga, ovvero al fiume più sacro di tutto il paese. Il tutto inizia intorno all’ora del tramonto sul Dashashwamedh Ghat, uno dei più importanti di tutta la città. 12 giovani pandit, in piedi sopra un piccolo piedistallo, danno vita ad una cerimonia altamente spettacolare, per gli occhi e per le orecchie: grandi lampade infuocate vengono roteate al suono di campane, mentre i fedeli indiani si radunano in preghiera. Il ghat inizierà a riempirsi già da un’ora prima della Ganga Aarti, quindi se volete assicurarvi un posto in prima fila dovrete arrivare molto presto. Il nostro consiglio è quello di godervi in rituale principale e poi passeggiare per gli altri ghat: in alcuni di essi infatti si svolgono cerimonie minori, molto raccolte ma non per questo meno affascinanti.

Aghori

Il cannibalismo che gli Aghori praticano sui cadaveri avrebbe uno scopo preciso: quello di consumare lo “Shakti” (ovvero l’energia vitale), assorbendo così tutti i “poteri” acquisiti dal morto nel corso la vita. In India la setta si trova infatti nei dintorni dei luoghi di cremazione a Varanasi.

a Varanasi (soprattutto alla mattina molto presto) potrete incontrare gli Aghori, detti anche Black Sadhu. Non potete non riconoscerli perché indossano solo abiti neri e hanno spesso la pelle interamente ricoperta da cenere. Le pratiche di queste figure sono decisamente estreme e sfociano nel cannibalismo: alcuni di essi si nutrono infatti dei resti dei cadaveri bruciati nei Burning Ghat, non prima di aver fatto abbondante uso di droghe psicotrope

Durga Temple, il Tempio delle scimmie

Situato a meno di un chilometro dall’Assi Ghat, anche conosciuto come il tempio delle scimmie, questa costruzione vivace, dipinta di rosso intenso, è molto importante nel panorama religioso indù di Varanasi. Eretto nel XVIII secolo, il tempio accoglie una statua della dea Durga, secondo la leggenda non fabbricata da mani umane ma apparsa miracolosamente per volontà divina al suo interno. Il tempio accoglie ogni giorno centinaia di fedeli che chiedono protezione alla benefica dea, dandole in cambio dolcetti e collane di fiori. Stranamente non abbiamo notato scimmie all’interno del tempio, forse vista la calca di fedeli hanno deciso di migrare in luoghi più tranquilli.

Moschea Gyanvapi

Questa moschea dal colore della terra che domina su Prachanga Ghat, fu costruita nel XVII secolo dall’imperatore mughal Aurangzeb sul sito di un grande tempio dedicato a Vishnu. La moschea è architettonicamente una miscela di origine islamica e indù, che si staglia massiccia sulle rive del gange. Purtroppo due dei suoi minareti sono stati danneggiati. Infatti dopo che uno dei due è crollato inaspettatamente, uccidendo diverse persone, anche l’altro è stato abbattuto per evitare problemi di stabilità.

Fare una gita in barca sul Gange

Che sia all’alba per vedere il sorgere del sole, nel pomeriggio per andare a esplorare la “Varanasi beach”, ossia l’altro lato del Gange dove si può gustare un chai, o ancora in serata per ammirare la Aarti dal fiume, ogni momento è buono per una gita in barca a Varanasi!

Lasciati abbindolare – ma non troppo – da chi, percorrendo i Ghat, cercherà di fermarti con un “Madam, boat?”. Tratta sul prezzo, com’è consetudine, ma non perderti la meravigliosa atmosfera della gita in barca sul Gange.

Vedere il toro del Lucknow Chikan House

Qualche anno fa, tra le zone di Godowlia e Chetganj a Varanasi ha aperto un negozio di tessuti, il Lucknow Chikan House.

Proprio il giorno della sua inaugurazione, un toro vi è entrato e si è comodamente seduto per terra e appoggiato al bancone. Da allora, ogni giorno torna al negozio. Quando è chiuso, la domenica, il toro comunque passa di lì e si siede fuori dall’ingresso ad aspettare.

Nandi Baba, così è stato battezzato il coraggioso animale, è una vera benedizione e ha reso il negozio famosissimo… e direi tra i più fotografati al mondo!

Un labirinto di stradine vicino a ghat

Una delle cose più belle per me è stata quella di perdersi nelle strade strette, che si trovano vicino ai ghat. È un labirinto in cui puoi vedere santuari, negozi e hotel, ma anche mucche, capre e cani e gente del posto che fa le loro attività. Molto spesso puoi incontrare processioni con parenti morti che camminano verso Manikarnika

Vuoi prendere l’acqua dal Gange? Forse non è una buona idea! (cit. da altro blog)

Due giorni prima di lasciare Varanasi, arrivammo a un fiume Gange con bottiglie vuote. Volevamo prendere l’acqua di Gange e conservarla in bottiglie in ricordo di Varanasi, così come molti viaggiatori che hanno visitato il luogo. Ognuno di noi ha preso due bottiglie. Volevo darne uno al mio buon amico dopo essere tornato a casa. Era il suo sogno E uno per me stesso.

Abbiamo preso l’acqua dal ghat, che era situato vicino a Manikarnika. Lungo la strada per il nostro hotel ho avuto mal di testa. A quel tempo era solo un po ‘di dolore. Ma nel pomeriggio il dolore è peggiorato. Ho preso una medicina contro il mal di testa con cui di solito ho avuto una buona esperienza, perché ogni volta che la testa smetteva di farmi male. Questa volta no. La medicina non ha funzionato affatto.

Poiché quel giorno non mi sentivo molto bene, rimasi nella mia stanza tutto il giorno. Di notte non riuscivo a dormire. Ero ancora sveglio e provavo ansia. Quando finalmente mi addormento, ho fatto un sogno, in realtà un incubo. È stato uno dei peggiori sogni che abbia mai avuto. Ho visto mia madre nel sogno e istericamente pianse e urlò. Prima ho visto la sua faccia. Poi ho scoperto che il corpo di mia madre è diviso in molti pezzi. Ha cercato di dirmi che tutte le parti del corpo che già raccoglie, ma non riesce a trovare una mano. È stato orribile. Le ho promesso che la aiuterò. Poi mi sono svegliato. Avevo ancora forti mal di testa. Non appena sono riuscito a pensare, ho capito che tutto ciò che è accaduto è causato dall’acqua del Gange. Mi sono reso conto che ho preso parte del corpo di qualcuno. Qualcuno che ha aspettato tutta la vita per essere finito nel Gange. Quindi non potevo addormentarmi fino al mattino. La mattina presto sono andato alla reception e ho raccontato al mio amico indiano che ha lavorato in albergo l’intera storia. Sembrava che sapesse esattamente cosa intendo. La sua prima reazione fu che avrei dovuto versare acqua nello stesso posto in cui l’avevo presa. E dovrei farlo il prima possibile, perché causerebbe una grave maledizione. Io e il mio amico abbiamo preso le bottiglie e siamo andati al Gange nello stesso posto da dove abbiamo preso l’acqua. Poi mi sono scusato in silenzio con l’uomo o l’anima, che è stato disturbato durante l’ultimo viaggio da me e non gli ho permesso di conservare un’unità dell’anima.

Può sembrare incredibile, ma in pochi minuti la mia salute ha iniziato a migliorare. Ho ricominciato a guadagnare energia, non ero malato e il mio mal di testa è scomparso lentamente. Per mezz’ora non ho sentito niente.

Poi ci stavo pensando. Cosa sarebbe successo se non avessi preso sul serio questi segnali e sarei tornato a casa con l’acqua di Ganhes. Il peggio sarebbe che non avrei l’opportunità di restituire l’acqua al Gange. E se fosse una vera maledizione, forse non tornerei mai a casa. Chissà? Pertanto consiglio a tutti i viaggiatori che vogliono prendere un regalo così simbolico da Varanasi di pensarci seriamente, perché le conseguenze a volte possono essere davvero cattive. A forse non è facile tornare indietro.